The Vampire Diaries: Julie Plec parla della costruzione dei finali di stagione e dell’uscita di Nina

Via TVD Italia

Scrivere un finale di stagione perfetto è quasi impossibile. Provate a mettervi nei panni degli showrunner e scrivere ciò che credono possa essere il modo migliore e più onesto per terminare la stagione, ci saranno sempre delle lamentele da un fan (o due… milioni) il giorno dopo – ed è un peccato, dal momento che molti capi della TV lavorano per questi momenti durante tutta la stagione.

Prima del finale di stagione, Entertainment Weekly ha chiacchierato con vari showrunner per capire come imbastire un finale di stagione – una questione di cui si sta discutendo molto questa settimana. Qui di seguito, il capo di The Vampire Diaries e The Originals, Julie Plec, ci trascina nel percorso verso la follia, in particolare in un anno in cui dovrà dire addio (con gli spettatori di lunga data) alla protagonista femminile Nina Dobrev.

ENTERTAINMENT WEEKLY: Quando ti siedi a imbastire il finale di stagione, qual è la prima cosa che fai? Pensi prima al cliffhanger e poi al resto?
JULIE PLEC: Se non pensiamo al finale di stagione mentre stiamo iniziando a girare la stagione, siamo nei guai. La questione riguarda meno l’imbastitura del finale perfetto e più la stesura perfetta degli episodi che lo precedono per avere in mano solo gli elementi necessari per finire la stagione. è un gioco di destrezza veramente delicato perché puoi anche arrivare al penultimo episodio e realizzare “Oddio, abbiamo ancora così tanto da fare per fare tutto quello che volevamo fare nel finale 8 mesi fa.” Oppure puoi arrivare al diciannovesimo episodio e realizzare “Oddio, abbiamo tre episodi prima del finale, ma una storia che ne copre solo due.”. Quindi, c’è la zona del ‘fai o muori’ che copre gli episodi dal 17 al 21 in cui c’è il momento di bilancio più difficile per colpire al meglio con il finale. Scherziamo sempre sul fatto che il finale si scrive da sé (che comunque non è vero) ma è meno scoraggiante spezzare la storia del finale che gli episodi che vi ci portano.

EW: Cos’hai imparato in questi anni sull’arte di scrivere un finale che avresti voluto sapere agli inizi?
JP: I primi due anni di qualsiasi serie TV, o comunque sicuramente la prima stagione, molto spesso tutto quello che avevi in mente di fare nell’arco di 22 episodi viene usato in quattro episodi e mezzo. Sto esagerando un po’, ma non sai ancora com’è la serie e non sai se la serie andrà avanti, e se le storie si incastreranno, e come andrà. Se provi a salvare qualcosa per il futuro, crei dei momenti morti. Se provi a proporre qualcosa troppo presto, butti via troppi pezzi. Durante la prima stagione capisci i tuoi ritmi.

Per quanto riguarda noi, abbiamo davvero faticato a scrivere il finale della seconda stagione di The Vampire Diaries, perché verso metà anno la rete televisiva ha ordinato un episodio extra. Siamo passati da 22 a 23, quindi tutto quello che avevamo pianificato doveva estendersi in un episodio in più. E’ diventata una sfida. Alla fine abbiamo trasformato il penultimo episodio come se fosse il finale, e abbiamo girato un finale con una risoluzione emotiva verso tutto quello che era successo e un’idea di ciò che sarebbe successo l’anno dopo. Devi essere in grado di rivoltare la situazione in questo modo.

Per esempio, quest anno, quando abbiamo iniziato la stagione non eravamo sicuri al 100% che Nina sarebbe rimasta. Erano ancora tutti in discussione, per cui avevamo due possibilità. Avevamo un’opzione in cui finivamo con un cliffhanger che vedeva la vita di tutti in equilibrio e poi avremmo dedicato la prima parte della prossima stagione al saluto al nostro personaggio, oppure avevamo l’opzione del “Bene, ci lascia, quindi tutto quello che pensavamo di fare nella prima metà della prossima stagione, la dobbiamo fare ora in un episodio e il nostro cliffhanger non può più essere tale, quindi deve presentarsi nel penultimo episodio.” Devi costantemente avere a che fare con questo tipo di situazioni.

Tendenzialmente mi piacciono i finali, perchè sono carichi di emozioni e di nostalgia, che sono le emozioni di cui preferisco scrivere, più dei grandi colpi di scena, i ‘bum bum kaboom’, le corse e le sparatorie. Mi piace esplorare le relazioni tra i personaggi, definirli oppure dare una scossa per entrare nella fase successiva della vita di qualcuno, oppure terminare una storia e iniziarne un’altra. è un modo davvero nitido e divertente di scrivere. I finali e le premiere sono sempre i miei episodi preferiti.

EW: Come trovi l’equilibrio giusto per dare contemporaneamente risposte e lasciare aperte alcune faccende?
JP: Grazie al cielo, non siamo mai stati una serie tv radicata in misteri irrisolvibili o senza risposta. La premessa di tutta la nostra serie non è costruita attorno a una sola domanda (a meno che non conti le persone che l’hanno concepita attorno alla sopravvivenza di una sola relazione). Cerchiamo di chiarificare quanto riusciamo entro la fine, se non tutto, e lasciare aperto solo quello che ci lega con la stagione successiva.

C’è stata una stagione in cui abbiamo avuto difficoltà. Era la stagione dove appare Silas, e capiamo che è Stefan, e lancia Stefan giù dalla montagna. Dovevamo iniziare la stagione successiva come se non ci fossero state pause, come se non ci fosse stata una pausa tra le due stagioni. Dopo circa 5 o 6 episodi della quinta stagione, eravamo esausti dal peso di tutte le trame che stavamo trascinando avanti perché ce le portavamo dietro dalla quarta stagione. Quindi abbiamo fatto uno sforzo alla fine della quinta stagione per spazzare via tutto e riniziare la sesta stagione in modo pulito e con qualcosa di singolare che era accaduto a Damon. E’ una scelta che devi fare ogni anno.

C’è una lista di scelte da fare: voglio terminare tutto con un cliffhanger per poi ricaricarmi tutto in spalla e trascinarlo durante la prossima stagione? O voglio chiarire tutto e dare uno spunto per la prossima stagione, così da avere piena libertà nella prossima stagione e un nuovo inizio che non sia il continuo della scorsa? Ogni dirigente di una rete che si rispetti ti direbbe “Rinizia da zero!” ma ce ne sono anche alcuni che potrebbero dirti “Dov’è il cliffhanger?”. E’ una strada scivolosa.

EW: Senti il bisogno di dover includere un cliffhanger perchè siete una serie tv a puntate?
JP: Non pensiamo molto “Oh, dobbiamo per forza includere un cliffhanger” ma più “Dobbiamo dare a tutti un motivo per tornare a seguirci.” Ci sono finali di stagione e finali di serie. Nessuno vuole sentirsi come se il finale sembrasse la fine dello show, perché ti strappa tutta la speranza di vedere grandi momenti quando arrivi al vero finale di serie, che dovrebbe essere tutto quello a cui aspiri e forse anche di più. è la ragione per cui esistono le pause pubblicitarie, perché cerchi di dire alle persone di tornare dopo la pubblicità. C’è sicuramente la pressione di dare alle persone un’occhiata a ciò che succederà.

EW: Durante il primo finale di stagione di The Originals hai indirizzato la storia verso un grande cattivo che hai ucciso quasi subito nella seconda stagione. Avevi pianificato fin dal principio di uccidere i lupi Guerrera o volevi superare le aspettative?
JP: Credo che abbiamo sempre saputo che la famiglia e i lati fiabeschi sarebbero stati il punto focale della seconda stagione fin dal momento che abbiamo iniziato a scriverla. I lupi Guerrera non c’entravano molto. I Guerrera rappresentavano ciò che rimaneva del tema mafioso della prima stagione, quindi ne abbiamo approfittato per eliminarli. Come dice Hayley nel finale “Dobbiamo rimanere e ripulire il casino che abbiamo creato.” Quindi abbiamo ripulito tutto nel primo episodio, dove i nostri eroi credono davvero di aver vinto e di essere riusciti a fare quello per cui erano venuti dopo mesi pieni di stratagemmi, solo per portare gli spettatori alla scoperta che un casino ancora più grande doveva arrivare, che era esattamente il nostro obiettivo. Abbiamo ingannato i nostri personaggi e li abbiamo indotti a pensare che avevano risolto in conflitto che li aveva afflitti dal finale alla premiere.

EW: Come cambia il processo di stesura di un finale di stagione quando stai per eliminare un personaggio?
JP: Quest’anno è stato diverso perché, teoricamente, l’80% dei nostri attori aveva un contratto di 6 anni. Abbiamo iniziato la sesta stagione e sapevamo che durante la prima parte della stagione tutti avrebbero dovuto prendere una decisione se rimanere o andare via. Ci piaceva l’idea di avere un po’ di divertimento nel creare uno scenario in cui il destino di tutti fosse incerto. Come scrittori, dovevamo proteggerci perché chiunque avrebbe potuto dire da un momento all’altro, “Non torneremo”. Ci siamo divertiti nel creare uno scenario che potesse mettere le vite di tutti in pericolo. Non c’è niente di più divertente che costruire qualcosa di simile, perché ti basta piantare dei semini dall’inizio del percorso.

Puoi chiamarlo come vuoi, ma tutto tutto iniziò negli anni 80 con il massacro Moldavo di Dynasty, quando avevano chiuso la stagione con le vite di tutti sul filo del rasoio. Cento modi di morire in The Vampire Diaries. Quello era il piano, quest’anno, di finire con un cliffhanger orribile e non dire agli spettatori chi sarebbe tornato e chi no fino alla fine. Ma quando Nina ha deciso di andarsene, abbiamo pensato “No, non possiamo farlo. è assolutamente orribile. Non puoi lanciare un sasso così grande agli spettatori e lasciarli nell’oblio per tutta l’estate.” Così abbiamo ideato una storia che occuperà un intero episodio in modo che il finale potrebbe davvero essere una celebrazione per e in onore del suo personaggio e per spiegare cosa significa la sua uscita per la storia e per gli altri personaggi, e per fare in modo che noi autori siamo in grado di scrivere degli addii emotivi e personali.

EW: Non ti dà fastidio quando ci sono fughe di notizie sugli attori?
JP: Sapevamo di non essere in grado di controllare il segreto di Alaric perché Matt Davis aveva ottenuto un ruolo principale in una serie. Sfortunatamente per gli spettatori, ricevono informazioni private che magari non vorremmo che ricevano, ma non era sotto controllo. Con Michael Trevino, abbiamo cercato di prevenire che il suo ruolo in un pilot [ABC, Kingmakers] fosse incluso in qualsiasi informazione che lo riguardasse, pensando che se la serie non fosse stata ordinata, nessuno l’avrebbe saputo. Mentre prendiamo decisioni sul suo personaggio, e decidiamo se il suo percorso è giunto al termine, decidiamo anche se vogliamo lasciarlo come sorpresa o vogliamo annunciarlo. Ma, sai, più facile a dirsi che a farsi. Questo genere di cose tende a uscire. Abbiamo deciso di includerlo. Si merita una vera uscita e una celebrazione tanto quanto Nina.

Con Nina abbiamo discusso molto quando ha preso una decisione, che era “In qualsiasi modo lo faremo, dobbiamo essere sicuri di farlo in modo rispettoso e non tanto per scioccare.” Io (mettendomi nei panni di una fan, leggendo ciò che scrivevo, e pensando a cosa proverei guardando uno show) ho detto che non potevamo presentarlo come sorpresa. Sarebbe stato imperdonabile da parte nostra mostrarlo in questo modo e poi alla fine dell’episodio, mentre ci prepariamo per l’estate, annunciare “Oh, comunque questo è stato il suo ultimo episodio, non tornerà più”. Sarebbe stato assolutamente, completamente imperdonabile. Io, da fan, non avrei mai perdonato la mia serie preferita.

Abbiamo pensato di annunciarlo prima degli ultimi episodi in modo che fosse anche un conto alla rovescia e una celebrazione che portasse all’addio del personaggio. Stavamo letteralmente pianificando il giorno per annunciarlo e c’è stata una fuga di notizie da parte della squadra durante il barbecue e tutto d’un tratto Twitter stava impazzendo “Aspetta un attimo, Nina lascia The Vampire Diaries?” E noi eravamo come “Beh, a quanto pare lo annunceremo oggi.”. Per quanto riguarda la strategia, è qualcosa di cui abbiamo parlato per mesi e credevo fermamente che il momento doveva arrivare molto prima del finale per dare ai fan il tempo per digerire la notizia e osservare come ci muovevamo verso la sua partenza.

Ci sono buoni colpi di scena e belle sorprese, e poi ci sono alcuni segreti terribili e crudeli. Come Ned Stark? Incredibile. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato, quindi lo shock è stato così estremo tanto da cadere dalla sedia e ti ha fatto parlare della serie per un anno. Ma quello era il primo anno della serie. Se Ned Stark fosse rimasto per sei anni e fosse morto nel finale, e avessero detto “Ok, è finita.” mi sarei arrabbiata molto.

EW: In che modo cambia il processo di scrittura, quando stai scrivendo verso uno spinoff, come hai fatto per The Originals?
JP: è stata dura. Eravamo sicuri che lo spinoff sarebbe andato avanti. Direi che le probabilità erano 90/10 contro il 50/50, ma sapevamo che a Mystic Falls dovevamo dire addio a questi personaggi praticamente per sempre senza però dedicare tutto il finale alla loro partenza, perchè tecnicamente l’episodio dello spinoff riguardava la loro partenza, per cui sarebbe stato ridondante avere l’episodio spinoff e due episodi dopo vederli partire un’altra volta. è stato difficile, ma abbiamo avuto l’emozione del diploma, quindi quando prima parlavo del fatto che bisogna avere in mente tutto almeno un anno prima, abbiamo sempre saputo che il diploma avrebbe rappresentato la fine dei nostri quattro personaggi. Abbiamo sempre saputo chi avrebbe preso la cura e il diploma. Avevamo in mano molte belle storie umane ed emotive e non avevamo bisogno di far ruotare tutto attorno all’addio degli originari.

EW: Ultima domanda. Cosa consideri la sfida più grande nel scrivere un finale, e cosa ti risulta più semplice?
JP: La sfida più grande è riuscire a superare te stessa anno dopo anno, senza perdere il controllo. Se hai pianificato bene tutta la stagione, il finale dovrebbe essere l’episodio più semplice di tutta la stagione da scrivere.

Fonte. 

TRADUZIONE A CURA DI IGEA 

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