Recensione di Daniele: Grey’s Anatomy 11×14 – “The Distance”

“Perché ci proviamo quando sappiamo che le difficoltà sono tante e le possibilità poche? Perché non prendiamo su tutto e ce ne torniamo a casa? Sarebbe molto, molto più semplice. Lo facciamo perché, in fin dei conti, le cose facili non portano alla gloria. Nessuno ricorda le cose semplici. Ricordano il sangue… le ossa, e la lunga sofferta scalata per raggiungere la vetta. Ed è così che si diventa… Leggendari.”  – Amelia Shepherd

Voglio cominciare così la recensione di questa settimana, con questa frase che ci ha commosso, spronato e fatto venir voglia di essere leggendari.

L’intento c’era, dopo averla sentita ci siamo alzati e con gli occhi ancora gonfi di pianto abbiamo detto: “Anch’io voglio essere leggendario”, ma poi ci siamo riseduti sul divano e abbiamo premuto ‘play’ a un nuovo episodio di un telefilm.

Forse il nostro super potere è proprio questo: riuscire a vedere una stagione di 22 episodi in un solo giorno. Lo so che adesso ci etichettano come ‘perditempo’ ma ehy, anche Spider Man era considerato un criminale prima di essere riconosciuto come eroe.

Diamo tempo al tempo..

Questa frase è così potente che è già entrata negli annali delle citazioni preferite di Grey’s Anatomy.

Se fossi una persona coerente e che non cambia idea continuamente su tutto, a quest’ora già me la sarei fatta tatuare sulla spalla come Corona.

Ma un tatuaggio è per sempre e io e questo concetto di eterno, proprio non andiamo d’accordo.

Adesso, non so per voi che cos’è un supereroe.

Non so se quando vi dicono questa parola voi pensate ad Arrow, The Flash, Smallville o roba simile.. ma io proprio no.

Personalmente, a palestrati schiacciati in tutine sexy, aderenti e fosforescenti, preferisco un bel camice blu da chirurgo;

A saette, palle di fuoco, spade laser o frecce assassine, preferisco un bisturi 10;

E alla maschera stile Milord di Sailor Moon che dovrebbe rendere irriconoscibile l’identità di un eroe, preferisco cuffia e mascherine chirurgiche.

Si perché, dopo Shonda Rhimes, Olivia Pope e Meredith Grey, il mio nuovo supereroe è Amelia Shepherd.

Non vi arrabbiate mica se vi dico che questa è stata la miglior puntata della stagione, finora.

Ho visto tutto ciò che Grey’s ci ha sempre insegnato: l’essere straordinari, il diventare persone non ordinarie, fuori dal comune.

L’inseguire i nostri sogni, lottare anche quando sembra impossibile, cadere e rialzarsi e vedere il lato positivo delle cose anche quando sembra non esserci.

Un episodio incentrato sui supereroi della vita di ogni giorno, una sfida all’essere straordinari battuta su due fronti:

da un lato abbiamo Amelia Shepherd che cerca di essere Derek (ma che alla fine è stata molto di più);

e dall’altro abbiamo Arizona Robbins, che deve confrontarsi con quel mostro di bravura di Nicole Herman.

E possiamo ben dirlo: queste due hanno vinto.

Partiamo dall’intervento che è il fulcro di questa puntata.

Non so voi, ma io non mi emozionavo così per un’operazione chirurgica da quando Cristina Yang fu costretta ad operare al buio durante un blackout.

Quel momento fu pura magia: lei che va in panico, che vuole abbandonare perché sa che è impossibile operare senza avere visibilità.

E Webber al suo fianco che la sprona a continuare, dicendole di chiudere gli occhi mentre le ricorda che ormai conosce il cuore e la sua prevedibilità così bene che può riuscirci.

E lei ci riesce e alla fine di tutto gli dice: “La ringrazio Dr. Webber. Oggi mi ha resa un chirurgo migliore.”

La stessa magia la rivediamo nell’intervento di questo episodio e non parlo soltanto del cervello illuminato come fosse un albero di natale dalla forma strana.

Ma mi riferisco a tutto ciò che c’è dietro quella complessa e rischiosa operazione chirurgica.

Amo il fatto che ci abbiano mostrato proprio tutto: il momento pre operatorio, l’ansia di Amelia, il suo chiudersi in bagno a piangere, il momento di autoconvincimento allo specchio, la paura di fallire e il “chi me l’ha fatta fare”.

Tutto questo ci ha reso ancor più partecipi, perché è facile immedesimarsi con Amelia.

Tutti noi affrontiamo lo stesso ‘processo’ prima di una presentazione importante, un esame, un colloquio, un test.

Il sentirsi persi, con l’acqua alla gola, il voler abbandonare tutto perché è una sfida impossibile.

Ho quasi temuto che Amelia lo facesse davvero.

 

Lei era a un bivio come persona, come personaggio: restare sulla giostra ed essere straordinaria, oppure scendere e rimanere bloccata nel ruolo dell’altra Shepherd.

Sono felice che non l’abbia fatto e di nuovo il merito è di Richard Webber.

Lui arriva in sala operatoria, figo nella sua tenuta da chirurgo e nessuno che dalla redazione abbia messo lo stacchetto di quando scendono i corteggiatori a Uomini e Donne oppure “How to Save a Life”.

Perché Richard fa questo: lui salva vite, non solo professionalmente, ma anche metaforicamente.

Lui è proprio l’istituzione del GSMH, un mentore, una guida per tutti.

Sul nome dell’ufficio del primario di chirurgia ci sarà pure il nome di Owen Hunt, ma Webber non ha MAI smesso di essere il capo.

Perché non serve un cartellino sulla porta o un nome su una targhetta per essere The Boss.

Essere leader è qualcosa di innato, uno stato d’animo.

E Webber è nato per esserlo.

Ora, lo so che la metà di voi stava già facendo i salti di gioia quando Amelia gli chiede di chiamare suo fratello..

 

… siete delle brutte persone, perché per quanto anch’io possa amare Derek Shepherd e sperare in un suo ritorno, in questo caso ho fatto il tifo per Amelia.

Ho sostenuto il suo personaggio, la sua crescita.

Come Webber che le dice:

“Lui non è qui.

Tu si.”

che a me ha ricordato molto:

 

Amelia aveva bisogno di sentirsi dire che era lei il sole, non suo fratello.

Questo le ha dato la forza per andare avanti.

Anch’io vorrei Richard Webber nella mia vita che mi aiuta a superare i momenti NO.

Solo che dovrebbe mollare l’ospedale perchè con me avrebbe lavoro a tempo pieno.

Webber è la Melinda Gordon (Ghost Whisperer) di Grey’s Anatomy: nei momenti bui, ti aiuta a vedere la luce.

Non te lo canta come Tiziano Ferro quando fà: “vorrei ricordassi nei giorni più bui che il sole esiste per tutti”, né tanto meno ti urla come la D’Urso:

 

Ma Webber te lo fa capire.

Fa da tramite, ti aiuta ad arrivarci da solo.

E’ questa la sua grandezza.

Parallelamente a questo caso, abbiamo quello di Arizona.

Anche lei è stata una combattente, un supereroe di questa puntata.

Certo, la Shepherd è stata Batman e lei Robin, ma nel suo piccolo è stata straordinaria.

Sono felice che il suo allontanamento da Callie in questa stagione, abbia portato per lei a una storyline più coinvolgente, matura e quasi da protagonista.

Anche lei è nel vortice del cambiamento ed è bello che questa sua crescita non sia dovuta alla separazione coniugale ma bensì legata a un nuovo personaggio.

Alla fine questo rapporto tra Arizona e Nicole è stato inaspettato e proprio per questo speciale.

Nessun coinvolgimento romantico come pensavamo all’inizio, ma solo un legame professionale che poi è sfociato in una bella, contorta e indefinibile amicizia.

 

Perché i rapporti in Grey non si possono definire con una sola parola.

È questo che li rende ciò che sono e ci fa desiderare qualcosa di simile anche nella nostra vita.

E no ci siamo cascati di nuovo, nessuno è immune al potere di Shonda.

Nicole Herman è stata qualcosa di più di un semplice personaggio passeggero e quindi anche questa volta, Shonda intasca l’assegno dei produttori di Cleenex.

Good job.

Conclusione:

Scene heartbreaking tra Nicole e Arizona.

Dopo averle viste avevo solo voglia di chiudermi per ore in camera a fissare il soffitto.

Depressione = successo, dunque anche questa puntata ci ha dato ciò che volevamo e va premiata.

Arizona che parlando di Nicole tra le lacrime dice: “Lei è qui nella mia testa e non voglio che rimanga solo nella mia testa” è la versione telefilmica di me mentre dicevo: “Lei è qui come guest star e non voglio che rimanga come guest star, la voglio regular”.

Dai, se è una questione di budget, facciamo fuori qualche altro specializzando e teniamoci la Davis.

Madonna come sono cattivo.

 

Direi che questa stagione è quasi un memoriale.

In ogni puntata ci ricordano un defunto.

Questa volta è stato il turno di Mark Sloan e appena l’hanno nominato io subito in piedi, con la mano sul cuore e gli occhi chiusi mentre ripetevo il suo vangelo:

 

Momento Calzona promosso.

È bello vedere che Callie c’è per Arizona in questa situazione delicata.

Non c’è nulla di romantico sotto, solo preoccupazione per una persona che è stata e sarà sempre parte della tua vita.

Nonostante ciò, voglio che loro si perdano ancora prima di ritrovarsi.

È troppo presto.

Inizio ad apprezzare la Edwards.

Dopo averla odiata per essersi messa tra i miei Japril e aver goduto immensamente in quella famosa puntata della decima stagione che tutti ricordiamo, ora comincio a stimarla.. un po’.

Ho apprezzato il fatto di voler restare affianco ad Amelia fino alla fine, per la serie: “siamo in due nella merda, lottiamo”.

Brava anche se avresti dovuto imparare da Lexie Grey.

Lei che si metteva il pannolone per resistere ad un intervento di 12 ore.

Mi chiedo come mai questa genialata non sia finita nei libri di testo di medicina.

Il Metodo Grey: il pannolone salvavita.

 

Grazie Amelia Shepherd per averci insegnato la posa da supereroi.

Dopo il successo della tua operazione, possiamo dire che funziona davvero.

Già mi vedo il giorno della laurea, mentre sono tutti perfetti e in posa, patinati come modelli sulla copertina di Vogue, io con la gambe aperte, le braccia sui fianchi, la testa e il mento alto mentre dico: “Sono un Supereroe”.

Meredith Grey che stufa dello specializzando che fa sempre domande in galleria, gli dice: “vatti a leggere il libro” come io quando al cinema  andavo a vedere Harry Potter e i miei amici caproni mi chiedevano in continuazione di spiegarli cosa succedeva.

La Shepherd che si toglie i guanti protettivi e si espone a radiazioni dirette pur di riuscire nell’operazione e voi ancora pensate che Clark Kent che resiste alla kryptonite sia un supereroe.

“Quindi è questo che fate: venite tutti qui in galleria a guardare il giorno più brutto per la vita di una persona come fosse un film”

Si Maggie, lo facciamo da 10 anni e non è un film ma una serie tv.

 

Nicole Herman che perde la vista e tu che ti senti malissimo come se fosse successo a un tuo parente.

Un chirurgo straordinario come lei, senza la cosa più importante.

Eppure, nonostante tutto lei è felice perché riesce a ‘vedere’ un futuro che prima dell’operazione non aveva.

 

E questo solo e perchè ha “scommesso sul cavallo giusto”.

Che donna meravigliosa.

Volevo dire a Leonardo di Caprio che se Amelia ce l’ha fatta a non essere più l’altra Shepherd, se Arizona ce l’ha fatta ad essere Nicole Herman, tu puoi vincere un Oscar.

Mi hai sentito Leo?

Puoi farcela!

Ok?!

 

 

Voto: 8,5

A cura di Daniele

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