Il boss di House of Cards risponde alla mia più grande (e unica) lamentela sulla terza stagione.

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Attenzione: spoiler sul finale della terza stagione di House of Cards.

So che la terza stagione di House of Cards ha lasciato i fan con una sensazione di gelo, come la temperatura corporea di Claire Underwood, ma, ahimè, io non sono tra questi.

Fatta eccezione per la noiosa premiere incentrata su Frank e totalmente priva di suspance, ho trovato l’ossessione della terza stagione con gli affari esteri, i diritti dei gay e la drammatica campagna elettorale, molto piacevole da guardare. Ho apprezzato tutti i nuovi arrivi, soprattutto il veterano di Boardwalk Empire, Paul Sparks, nel ruolo del quasi biografo/cotta di Frank, Thomas Yates. E sono stato particolarmente coinvolto nel lento deterioramento dell’assurda alleanza di convenienza tra Frank e Claire.

Detto ciò, ho avuto un unico grosso problema con questa stagione, ovvero la morte di Rachel Posner per mano di Doug, primo luogotenente di Frank. Ho presentato la mia opinione al creatore della serie, Beau Willimon, di seguito la sua risposta.

TVLine: Non sono stato affatto contento dell’uccisione di Rachel.
Lascia che ti chieda una cosa, ti è dispiaciuto dal punto di vista emotivo, ha sentito come un pugno allo stomaco, ma hai pensato, “Oh, è così che doveva andare la storyline?” Oppure pensi che abbiamo proprio commesso un errore dal punto di vista della storyline?

TVLine: Entrambi. Amavo quel personaggio e penso che avesse molto da dare allo show. Fa schifo sapere che non ci sarà più. Ed è anche frustrante sapere che le tre più grandi minacce alla carriera di Frank – Peter, Zoe e Rachel – sono state tutte fatte fuori. Se qualcuno va vicino a distruggerlo, Frank li fa uccidere. È troppo facile. E fa ridurre la suspance, perché pensi che quando si ritroverà ad affrontare la prossima minaccia si sbarazzerà anche di quella.

È una cosa di cui abbiamo discusso parecchio. Fino al momento delle riprese del finale non eravamo certi Doug dovesse andare fino in fondo. Ma alla fine siamo arrivati al momento della verità, che è anche il momento della verità di Doug. Se la terza stagione è stata incentrata sulla sua ripresa – fisica ed emotiva – per lui lo scopo di questo recupero era rientrare nella cerchia di Frank…e l’unico modo era quello di risolvere questo grattacapo che assillava gli Underwood da tre stagioni e, così facendo, diventare fratello di sangue con l’uomo per cui è disposto a sacrificare ogni cosa. Se non l’avesse uccisa, sarebbe tornato allo status della seconda stagione, quando non era completamente onesto per quanto riguarda Rachel, quando non riusciva a portare a termine un incarico. E lui e Frank ne avevano pagato le conseguenze. La cosa difficile per noi è stata che abbiamo investito così tanto nell’umanità di Doug. Come facciamo a riconciliare quell’umanità con la sua attitudine a commettere un omicidio? Ognuno di noi è un intreccio di contraddizioni e la più grande incoerenza di Doug è che è un uomo che ha ritrovato la sua umanità in un modo che non aveva mai fatto prima, o non faceva da tanto tempo, tuttavia il suo desiderio più grande è quello di tornare al fianco di Frank. Penso che se non l’avesse fatto, nel suo modo di pensare, sarebbe stato un segno di debolezza. Sarebbe stato come arrendersi. O una prova del fatto che ha completamente eliminato la lealtà dalle sue priorità. Perché non portare a termine l’incarico avrebbe voluto dire scegliere Rachel e non Frank e sarebbe andato contro la natura del suo personaggio, ignorare quella lealtà.

TVLine: Questo lo capisco.
Pensi che ogni volta che qualcuno crea problemi a Frank lui li faccia uccidere? Innanzitutto non è vero. Ci sono state tre stagioni e tre morti. Ci sono molte più persone vive che morte. E non direi proprio che l’unica minaccia a Francis Underwood è Rachel Posner. Se ci pensi bene, ce ne sono tante e si accumulano sempre di più.

TVLine: Amo il personaggio di Frank, ma voglio che la paghi. È un assassino.
Fantastico. Penso sia uno dei motivi del diverso responso dei fan alla terza stagione rispetto alla prima e seconda, volevamo davvero esplorare questo tipo di conflitto. Cioè, nelle prime due stagioni, la gente faceva il tifo per Frank e Claire, nonostante le loro efferatezze. Adesso è più difficile, non è vero? Ed è sempre più difficile per due ragioni: primo, per il tipo di reazione che hai avuto alla morte di Rachel – è difficile da digerire, soprattutto se per tutta la stagione hai sostenuto Doug. Secondo, nella terza stagione Frank e Claire ci appaiono più umani di quanto non li abbiamo mai visti. È evidente la pressione che la Casa Bianca esercita sugli Underwood e ci fa anche dispiacere per loro, nonostante siano ancora più spietati. Come si fa a fa riconciliare le due cose? Non si può ed è proprio questa la cosa drammatica e interessante.

Il risultato è che uno arriva al finale della terza stagione con molta confusione in testa. Nel finale della seconda, un uomo ha raggiunto la stanza ovale. Si siede ad una scrivania e tu pensi – voilà – ce l’ha fatta; festeggi insieme a lui. Alla fine della terza non c’è nulla per cui festeggiare. Se avessimo costruito la stagione in modo da avere un altro successo, uno, sarebbe stata una ripetizione e due, non sarebbe stato realistico nel mondo che abbiamo creato che è sempre pieno di inquietudine, minacce, pressioni e conflitti interni.

Fonte.

Traduzione a cura di Giuliana

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