Buffy: 11 anni dal series finale

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Sono passati 11 anni dall’ultimo episodio di Buffy, proprio ieri (20 Maggio 2014) è stato l’anniversario preciso, lo show si concluse il 20 Maggio 2003.

Ho deciso di riproporre, dunque, una mia retrospettiva sullo show pubblicata qualche mese fa, perché Buffy è un telefilm così importante:
Buffy è bionda, una ragazzina, a prima vista, innocente e indifesa. Whedon disse proprio che voleva andare oltre il cliché della bambolina indifesa. Un riscatto per tutte le bionde massacrate per prime nei film horror.

  • I vampiri sono realmente spaventosi

Forse c’è troppa redenzione per i vampiri in tv e al cinema ultimamente. Voglio dire, incontrare Angelus (Angel senz’anima), o una pazza Drusilla in un vicolo, sarebbe molto più spaventoso di incontrare un Edward o uno Stefan.

  • Caratterizzazione dei personaggi

Ogni singolo personaggio del Buffyverse è ben caratterizzato. Riflettevo proprio sul finale della sesta stagione, “Grave,” considerato dai fan il “Becoming, part III.” Buffy non ha bisogno di triangoli amorosi, di due maschioni che combattono per le attenzioni della protagonista, per sfornare un episodio introspettivo e bello come questo. Ci basta Xander che salva Willow e il mondo. Ci basta il confronto tra Buffy e Dawn, il combattimento, non solo contro i mostri, ma anche contro la paura di tornare a vivere della nostra protagonista. Ci bastano Anya e Giles. Ci basta Spike che si fa ridare l’anima. E ci importa di tutti. Per uno sceneggiatore è davvero questo l’importante.

Ma la caratterizzazione dei personaggi è il punto forte di Whedon. Prendiamo Cordelia Chase. Da svampita gallina del liceo a meraviglioso personaggio nel corso di tre stagioni, più quelle di Angel. Un percorso che prenderei ad esempio nell’analisi del viaggio di un personaggio in uno show.

Per non parlare di Spike: da mostro a eroe, lentamente, ma realisticamente.

 

  • Problemi reali

Non c’è solo il sovrannaturale che incide sulle vite dei nostri protagonisti. Hanno problemi reali. Il liceo, le vite, il matrimonio, la morte. Un esempio lampante è la morte di Joyce. Buffy fa del tutto per capire la causa della malattia della madre, vuole che sia sovrannaturale, ma non lo è. Alcune volta la realtà fa più paura della finzione.

  • I mostri come metafora

 

I mostri sono una metafora: dei problemi, della vita. Buffy combatte contro i vampiri, e i demoni, e tutti, in fondo, lo facciamo. Anche la storyline di Willow che abusa della magia, è una grande metafora per l’abuso di droga. Problemi reali che diventano sovrannaturali, e in cui tutti, stranamente, riusciamo ad immedesimarci.

 

  • Realismo

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Buffy non è mai stata una protagonista perfetta. Eppure è tra le mie preferite nel panorama telefilmico. Non è una Mary Sue, non è una sorta di Elena Gilbert che non commette mai errori. Nel suo essere cacciatrice Buffy è più umana che mai. Sbadata, buffa, simpatica, emotiva, sa sbagliare. E questo è importante per un personaggio: saper sbagliare. Noi non vogliamo la perfezione. Non esiste. Tutto il percorso della stagione sei, che la stessa Gellar ebbe difficoltà a girare, è un grande esempio di come Whedon e gli scrittori siano riusciti a renderla reale come persona. Idem con patate per il resto dei personaggi, che spesso commettono degli sbagli.

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  • Due tipi di amori diversi

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Non c’è un vero e proprio triangolo in Buffy. Noi, come lei, amiamo Angel all’inizio, e probabilmente lo ameremo sempre. È questa sorta di amore impossibile, adolescenziale, una persona e un’anima da salvare. Incredibilmente romantico, ricorda quegli amori struggenti dei libri. E andiamo, chi non ha “Close Your Eyes,” nel suo iPod?

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E poi c’è Spike. Un amore sicuramente diverso. Procede lentamente, Buffy prova addirittura repulsione inizialmente. Ma arriva, alla fine e a modo suo, ad amarlo. Lui cambia per lei, cambia per amore, e anche con un chip in testa, e senz’anima, riesce ad amare.

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  • Dialoghi freschi e pieni di citazioni alla pop-culture

Buffy va visto in originale. Alcune volte in Italiano è una serie totalmente diversa. Andrebbe visto in lingua solo per apprezzare la scrittura Whedoniana. Geniale e piena di citazioni alla pop-culture. Buffy alcune volte ha un vocabolario tutto suo fatto di neologismi e battute.

  • La varietà dei generi

In Buffy c’è tutto: comedy, drama, supernatural, musical, horror. La varietà di generi funziona, e non stona mai. Passiamo da momenti comici a momenti drammatici, e non è una doccia fredda. Funziona.

  • I Big Bad

Buffy ha battezzato il Season Big Bad. Un grande cattivo a stagione, un cattivo che riusciamo ad odiare o ad amare, dipende. Uno solo, che resta nella cornice, mentre i “Monsters of the Week” fanno il loro lavoro. Ed arriva, poi, la battaglia finale. Ormai è diventato un archetipo televisivo, ma io amo UN SOLO NEMICO a stagione.

  • L’intelligenza di Whedon nel programmare

Joss Whedon è l’uomo che ci ha anticipato l’arrivo di Dawn nella terza stagione della serie. Whedon è stato molto intelligente nel mappare la sua serie. Ad anticipare Il Primo, a capire quando andava fatto cosa.

 

  • Il viaggio dell’eroe

Noi, con Buffy, percorriamo il cosidetto “viaggio dell’eroe.” Da Christopher Vogler:

L’eroe (Hero): È colui che muove la storia, compie il viaggio, fisico o mentale. Ha in genere un punto debole (fatal flaw) su cui può essere colpito, e deve confrontarsi con la morte (spesso simbolica, e comunque l’eroe accetta la possibilità del sacrificio). Ha inoltre qualità con cui possiamo identificarci ed è sospinto da motori universali e originali. Può anche avere impulsi contraddittori, ma cresce nel corso della storia ed è il più attivo dei personaggi, colui che fa l’azione più importante del racconto. Le imperfezioni lo rendono più reale e attraente e può essere un buon inizio cercare di (ri-)bilanciarle (volenteroso, motivato, o involontario, sbandato, orientato verso il gruppo o solitario, funziona da catalizzatore per gli altri). L’eroe è il simbolo dell’anima in trasformazione (Vogler si appoggia qui a Carol S. Pearson, Awakening the Heroes Within, 1991 e Maureen Murdock, The Heroine’s Journey: Woman’s Quest for Wholeness, 1990) e spesso coincide con il protagonista della storia.

Buffy compie questo viaggio, attraverso 7 stagioni, e noi tifiamo per lei in ogni singolo momento.

  • La Scooby Gang

La Scooby Gang è uno dei punti di forza di questo show. Vedere il gruppo riunirsi, pianificando su come salvare il mondo, ti porta a voler essere in quella biblioteca o al Magic Box. Ti senti in famiglia.

Ci sono mille altri motivi per il quale Buffy è una delle migliori serie di sempre. Ha fatto storia, ha fatto emozionare, piangere, sorridere. Il Buffyverse è un universo meraviglioso che non si può dimenticare. È cult television, amiamo tutti i personaggi, tifiamo per tutti i personaggi  e siamo pronti a salvare il mondo, con loro!

 

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